Tratto dal quotidiano "Nuovo Quotidiano di Puglia Taranto" - 21 febbraio 2013
Quando nel 1891 Maria Cristina d'Asburgo, regina reggente di Spagna, acquistò dagli Alcanices il Castello di Ginosa lo giudicò "romantico". Una definizione poetica che si proietta nel campo del bello architettonico, artistico e culturale, ma anche delle emozioni. Le stesse che le sue mura continuano a trasmettere ai visitatori e che si evolvono nel racconto dell'artista ginosino Pietro Di Canio nel ricordo di quando nel mese di ottobre del 1993, insieme ad altri componenti della sezione locale 'Giano' di Legambiente, fece la prima scoperta archeologica medievale del territorio.
Quando nel 1891 Maria Cristina d'Asburgo, regina reggente di Spagna, acquistò dagli Alcanices il Castello di Ginosa lo giudicò "romantico". Una definizione poetica che si proietta nel campo del bello architettonico, artistico e culturale, ma anche delle emozioni. Le stesse che le sue mura continuano a trasmettere ai visitatori e che si evolvono nel racconto dell'artista ginosino Pietro Di Canio nel ricordo di quando nel mese di ottobre del 1993, insieme ad altri componenti della sezione locale 'Giano' di Legambiente, fece la prima scoperta archeologica medievale del territorio.
«Appena con Lucia, successivamente divenuta mia moglie, e mio cugino Giovanni mettemmo piede sul pianoro del Castello, fummo inebriati dai pregnanti odori di spezie. Mentre eravamo rapiti dal fascino che emanava il paesaggio circostante della Rivolta, all'improvviso fummo attirati dal cedimento di un terreno la cui buca era tappata da una piccola macina da frantoio. La spostammo e da esperto speleologo abilitato all'attività m'infilai nel tunnel sottostante. La conformazione strutturale era tipica di una grotta, ma anche delle cisterne di acqua che, evidentemente, esaurita potrebbe essere stata usata come scarico di materiale proveniente da chissà dove. Con le mani spolverai alcuni pezzi di tufo dai quali s'intravvedeva un puzzle di un affresco. Fu come vedere le 'radici' da cui proveniva qualcosa di nuovo nello stesso momento che lo stavo facendo. Non sapevo cosa sarebbe emerso. Ebbi solo sensazioni di gioia per la scoperta di qualcosa di eccezionale. Chiamammo gli altri componenti di Legambiente: Antonio Pizzulli, Rossano Maggiore, Vincenzo Tarantini, Franco Casarola, Nicola e Antonio Calabrese, Stefano Basta. Lavorammo in quel sito per dodici domeniche di fila portando alla luce una splendida iconografia raffigurante San Sebastiano, risalente al XIII secolo, ed una moltitudine di cocci di vasellame e lucerne, che adesso sono custoditi presso la Soprintendenza di Bari».
L'inedito filmato del ritrovamento dell'affresco di San Sebastiano è stato proiettato per la prima volta nel corso della conferenza tenuta nei giorni scorsi presso il Castello ed ha suscitato notevole interesse nella comunità non solo ginosina. Per l'occasione è stata presente l'archeologa tarantina Teresa Schojer e il direttore del museo civico Santa Parasceve.
R. Con.
L'inedito filmato del ritrovamento dell'affresco di San Sebastiano è stato proiettato per la prima volta nel corso della conferenza tenuta nei giorni scorsi presso il Castello ed ha suscitato notevole interesse nella comunità non solo ginosina. Per l'occasione è stata presente l'archeologa tarantina Teresa Schojer e il direttore del museo civico Santa Parasceve.
R. Con.